PROTESI D'ANCA

LA PROTESI D' ANCA

L’intervento di protesi totale dell’anca è oramai molto diffuso ed è stato definito “l’intervento del secolo” sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet nel 2016. Si tratta di un intervento chirurgico che risolve definitivamente un problema di disfunzione dell’articolazione dell’anca, quasi sempre dovuta alla degenerazione artrosica. Inoltre, migliora notevolmente la qualità della vita dei pazienti. L’obiettivo della protesi d’anca non è limitare le attività del paziente, ma restituire ciò che la coxartrosi gli ha tolto.

La protesi d’anca è un intervento necessario per i pazienti che soffrono di dolore e hanno gravi difficoltà nella deambulazione, spesso causati dalla coxartrosi in fase avanzata.

Questa procedura chirurgica, molto comune, ha visto nel tempo notevoli miglioramenti riguardo alle tecniche e ai materiali utilizzati, il che ha permesso di ottenere una più rapida ripresa e di ridurre il dolore nel periodo post-operatorio.

Per impiantare una protesi d’ anca, la prima fase consiste nella rimozione dell’osso e della cartilagine danneggiati.

Le parti danneggiate possono variare, pertanto la protesi può essere utilizzata per sostituire:

  • solo la testa del femore: protesi parziale o endoprotesi;
  • sia la testa del femore che la cavità acetabolare: protesi totale o artroprotesi.

In genere, questo intervento viene eseguito sui pazienti con coxartrosi avanzata che presentano una sintomatologia sempre più grave e desiderano ripristinare una funzionalità articolare adeguata.

Al contrario, al primo manifestarsi della coxartrosi, il trattamento è conservativo e comprende l’assunzione di farmaci antinfiammatori e la pratica di terapie fisiche per alleviare il dolore.

La chirurgia di protesi d’ anca è raccomandata nei pazienti con:

  • coxartrosi avanzata,
  • fratture mal saldate,
  • artrite infiammatoria,
  • conflitto femoro-acetabolare,
  • necrosi della testa del femore.

Non tutti i pazienti sono candidati all’implantologia di una protesi d’anca in quanto l’operazione richiede un periodo di riabilitazione che deve essere seguito con cura per garantire il successo dell’intervento.

Al fine di valutare la fattibilità dell’intervento di protesi d’anca, è importante considerare alcune domande chiave come l’intensità del dolore, la capacità di camminare, l’uso del bastone, la capacità di salire le scale autonomamente, l’abilità di indossare le calze da solo e la facilità nel sedersi e alzarsi dalla sedia o dalla macchina.

La risposta alla domanda “la tua attuale situazione dell’anca è accettabile?” può essere utile per aiutare il paziente nella scelta del trattamento più adeguato.

Quali sono le indicazioni per fare l’intervento di Protesi dell’Anca?

L’indicazione principale per il trattamento chirurgico con la sostituzione dell’articolazione dell’anca con una protesi totale è l’artrosi dell’anca, nota anche come coxartrosi. Questa malattia è caratterizzata da una degenerazione della cartilagine articolare che può essere classificata come primitiva, ovvero senza una causa apparente, o secondaria a una problematica preesistente, come la displasia o lussazione congenita dell’anca, una pregressa frattura del femore o del bacino, un’artrite infiammatoria o settica.

In caso di artrosi, si verifica una degenerazione della cartilagine articolare che provoca infiammazione cronica dell’articolazione e dolore sempre più intenso, riduzione progressiva della mobilità dell’anca, andatura zoppicante in peggioramento progressivo fino ad arrivare a situazioni assolutamente invalidanti. L’avanzare della degenerazione artrosica comporta poi una progressiva deformità delle superfici articolari, evidente nelle radiografie, che determina una progressiva perdita di mobilità, dolore sempre maggiore, aumento della zoppia e diminuzione dell’autonomia nel cammino.

Tale situazione comporta un notevole peggioramento della qualità della vita e, a causa della ridotta mobilità della persona, un progressivo decadimento anche delle condizioni generali e psicologiche.

Come avviene l' intervento chirurgico di protesi d'anca?

L’impianto di protesi d’anca si esegue con anestesia totale o epidurale con sedazione o, in alcuni casi selezionati, con la procedura mini-invasiva AMIS. L’obiettivo principale è migliorare le capacità motorie, l’autonomia e la qualità di vita del paziente, riducendo il dolore.

L’intervento di protesi dell’anca può essere eseguito utilizzando diverse vie di accesso chirurgico all’articolazione dell’anca. Il procedimento prevede la sostituzione della testa ed il collo del femore e la cavità acetabolare con protesi metalliche di titanio che formano una neo-articolazione, ripristinando la funzionalità dell’articolazione senza provocare dolore. Le vie di accesso più utilizzate sono la postero-laterale, le vie laterali dirette e le antero-laterali e le vie anteriori. Vi sono numerose “strade” per raggiungere l’articolazione dell’anca e effettuare l’intervento di protesi totale.

 

Gli studi più recenti sull’argomento non indicano una via di accesso migliore delle altre, ma concordano sul fatto che la scelta della via dipende dall’esperienza e dalle competenze del chirurgo.

 

La sostituzione dell’articolazione ha alte percentuali di successo e la maggior parte dei pazienti è soddisfatta dei risultati. La durata media dell’intervento è di 60 minuti e una protesi ha una durata di 15-20 anni.

Di cosa sono fatte le protesi dell’anca?

Ci sono molti modelli di protesi dell’anca disponibili sul mercato. Alcune di queste protesi sono progettate per essere impiantate utilizzando il cemento osseo come collante (protesi cementate), mentre altre sono costruite per essere impiantate senza l’uso di cemento osseo (protesi non cementate).

In generale, una protesi dell’anca è composta da uno stelo femorale, che viene inserito nel canale femorale, una coppa acetabolare, che viene inserita nella cavità acetabolare del bacino, una testina (quasi sempre di ceramica, ma talvolta di metallo), che viene inserita nel collo dello stelo femorale impiantato, e un intercotile o inserto, che viene inserito nella coppa acetabolare impiantata nel bacino e può essere realizzato in ceramica o polietilene ad alta densità.

Esistono anche diversi “disegni” protesici, come steli corti o lunghi, cotili con rivestimenti biomimetici, cotili con possibilità di inserimento di viti e così via. L’articolazione e il movimento dell’anca protesizzata avvengono tra la testina e l’inserto, e questo, col tempo, può provocare l’usura dei materiali e la conseguente mobilizzazione dell’impianto protesico.

Esistono le protesi d’anca che durano per tutta la vita?

Le protesi d’anca che durano per sempre non esistono, anche se grazie alle moderne tecnologie dei materiali l’usura è stata ridotta e, di conseguenza, la “vita” delle protesi è stata allungata. Al momento, l’accoppiamento tra testina in ceramica e inserto in polietilene ad alta densità offre le migliori garanzie di durata e resistenza, con minori rischi di rottura delle componenti.

Cosa significa che la protesi si è mobilizzata e cosa fare per evitare ciò?

La protesi si mobilizza quando la sua interazione con l’osso o il cemento diventa subottimale, causando micro-movimenti che la rendono instabile e dolorosa. Ciò può portare alla lussazione della protesi o alla frattura del femore attorno ad essa. Le infezioni possono anche causare mobilizzazione delle protesi e richiedere un intervento chirurgico per rimuoverle.

 

Cosa posso fare perché la protesi non si mobilizzi?

Per evitare l’infezione precoce, è importante effettuare la profilassi perioperatoria con antibiotici di 2^ o 3^ generazione e mantenere la ferita chirurgica pulita e igienizzata, oltre che gestire l’articolazione operata in modo adeguato. Per ridurre i rischi di infezione tardiva, è necessario mantenere una buona igiene orale e curare ogni fonte di infezione, anche se situata lontano dall’articolazione operata. Ridurre i rischi di mobilizzazione asettica è difficile, ma si può cercare di evitare il sovrappeso e mantenere una buona muscolatura globale del corpo.

E se la protesi è mobilizzata?

La soluzione consiste nell’intervento chirurgico di reimpianto protesico, che prevede la sostituzione dell’impianto mobilizzato con una protesi diversa, di solito di dimensioni maggiori.

In caso di mobilizzazione asettica (senza infezione), l’intervento chirurgico è uno solo, ma abbastanza invasivo, soprattutto se si considera che i pazienti che necessitano di tale intervento sono di solito anziani e possono avere problemi di osteoporosi localizzata. In caso di mobilizzazione settica, ovvero di infezione periprotesica, gli interventi sono di solito due, a distanza di 3-6 mesi uno dall’altro. Nel primo intervento si rimuove la protesi precedentemente impiantata e si asportano tutti i tessuti infetti. Si impiantano “spaziatori” cementati impregnati di antibiotico per sterilizzare la zona infetta. Nel secondo intervento, una volta sicuri che non ci siano più segni di infezione, si rimuove lo spaziatore e si impianta la protesi da reimpianto definitiva.

Esistono diverse protesi da reimpianto in commercio, ma in alcuni casi la situazione ossea può essere talmente compromessa che non si trova l’impianto adeguato per il caso specifico. In questi casi si ricorre alle protesi “custom made”, fatte su misura. La costruzione e l’impianto delle protesi custom made prevede una complessa organizzazione che tiene conto della esecuzione di indagini TAC di secondo livello, la progettazione da parte di ingegneri biomedici dedicati, la costruzione di un impianto di prova da valutare congiuntamente tra Chirurgo e Bioingegnere, infine la costruzione della protesi personalizzata e l’intervento chirurgico di impianto. Si tratta di un processo lungo, delicato, molto interattivo e costoso, ma che consente di risolvere problemi non risolvibili con le usuali protesi da reimpianto presenti sul mercato.

La riabilitazione dopo una protesi d'anca

I pazienti possono spesso camminare con le stampelle subito dopo l’intervento o il giorno successivo. Dopo circa 4-6 settimane, si abbandonano le stampelle e la terapia anticoagulante. Se il lavoro del paziente è sedentario, si può riprendere subito, altrimenti i tempi di recupero si possono allungare.

Il medico dovrebbe guidare le azioni dei pazienti per minimizzare gli effetti collaterali dell’intervento e accelerare il recupero, incluso un programma di riabilitazione postoperatoria.

La fisioterapia è fondamentale in tutte le fasi della patologia e può essere consigliata dal medico anche in preparazione all’intervento.

 

Il successo del trattamento dipende principalmente dalla collaborazione del paziente e dal suo stato di salute generale, oltre che dal parere del medico specialista.

 

Quali sono i tempi di recupero dopo una protesi d'anca?

La durata del percorso riabilitativo dopo l’intervento di protesi d’anca può variare da paziente a paziente, in base alle sue esigenze funzionali e alla sua capacità di guarigione.

Solitamente, il percorso dura da tre a cinque settimane, ma viene rivalutato con regolarità attraverso controlli periodici.

Nelle prime fasi della riabilitazione, il paziente dovrà camminare con le stampelle per un periodo che va dalle due alle quattro settimane, dopodiché potrà utilizzare il bastone da passeggio. L’esercizio fisico e la fisioterapia sono fondamentali per il successo del percorso riabilitativo. Seguire diligentemente le indicazioni del medico specialista e gli esercizi prescritti può aiutare il paziente a recuperare la mobilità e la funzionalità dell’articolazione dell’anca.

 

In media, il paziente dovrebbe essere in grado di guidare e di tornare al lavoro sedentario dopo circa quattro-sei settimane di riabilitazione. Tuttavia, i tempi possono variare significativamente da paziente a paziente e dipendono anche dalle condizioni generali di salute. In genere, i pazienti raggiungono la completa soddisfazione dell’intervento di protesi d’anca entro tre-quattro mesi, ma anche in questo caso è importante attenersi all’opinione dello specialista.

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