LA CHIRURGIA VERTEBRALE MINI-INVASIVA E PERCUTANEA

Chirurgia vertebrale mini-invasiva e percutanea

La Chirurgia Vertebrale Mini-invasiva e Percutanea si riferisce a un insieme di tecniche chirurgiche che consentono di effettuare interventi di stabilizzazione della colonna vertebrale, soprattutto a livello del rachide toracico, toraco-lombare e lombare, tramite piccoli accessi chirurgici e strumentazioni specifiche. Grazie a queste metodiche, è possibile inserire viti peduncolari attraverso l’accesso posteriore e/o cage intersomatiche al posto dei dischi intervertebrali, in modo da bloccare una determinata area della colonna vertebrale. Inoltre, utilizzando le stesse tecniche, è possibile effettuare interventi di decompressione e allargamento del canale vertebrale in caso di stenosi o asportazione di ernie discali.

quando è indicato utilizzare la chirurgia MIS o percutanea?

Le metodiche mini-invasive (MIS) o percutanee possono essere utilizzate in diversi casi. In caso di fratture vertebrali traumatiche, il trattamento può essere effettuato senza chirurgia, con riposo a letto e corsetto per diverse settimane, oppure con stabilizzazioni posteriori percutanee che consistono nell’aggiunta di una/due vertebre prossimalmente e una/due vertebre distalmente a quella fratturata, con eventuale cementazione nella vertebra fratturata stessa. Questo tipo di intervento dura circa 60-80 minuti, non comporta perdite di sangue tali da richiedere trasfusioni e, di solito, il paziente può alzarsi e deambulare senza ausili già il giorno dopo l’intervento, indossando solo un busto ortopedico per circa 45-60 giorni. Nei pazienti più giovani, dopo circa 1 anno dalla completa guarigione della frattura vertebrale, la strumentazione viene rimossa tramite un intervento chirurgico sempre mini-invasivo.

In caso di patologia degenerativa, come la lombalgia discogenica, o di instabilità, come la spondilolistesi o le scoliosi degenerative, in cui trattamenti medici e fisioterapici adeguati non hanno dato risultati, può essere indicato un intervento di stabilizzazione con tecnica mini-invasiva o percutanea utilizzando le stesse tecniche utilizzate nel trattamento delle fratture.

In caso di patologia infettiva o tumorale metastatica, come le spondilodisciti, la stabilizzazione percutanea con viti e barre può garantire una stabilità del tratto di colonna vertebrale interessato dalla infezione e ridurre notevolmente il dolore, consentendo una migliore terapia farmacologica e migliorando la qualità della vita del paziente. Lo stesso vale per i casi con metastasi a livello vertebrale, in cui la chirurgia di stabilizzazione mini-invasiva o percutanea consente di ridurre il dolore dovuto all’instabilità e di evitare gli schiacciamenti e i crolli successivi nelle vertebre “a rischio”.

Questi interventi palliativi possono avere un ruolo importante solo nel contesto di tutti i trattamenti oncologici necessari ed indispensabili. 

Perché effettuare un intervento mini-invasivo o percutaneo?

Le metodiche mini-invasive e percutanee permettono di effettuare interventi di stabilizzazione vertebrale senza dover effettuare lunghe e a volte lunghissime incisioni chirurgiche. In questo modo, è possibile evitare lo scollamento dei muscoli paravertebrali, che porterebbe alla loro successiva necrosi, e ridurre notevolmente i sanguinamenti associati a tali scollamenti muscolari.

L’utilizzo di tecniche mini-invasive e percutanee consente di ridurre i tempi di recupero rispetto alla chirurgia più invasiva, nonché il dolore post-operatorio, sia immediatamente che a distanza di settimane. Inoltre, queste tecniche comportano scarsissime perdite ematiche e non richiedono la trasfusione di sangue. Infine, la degenza post-operatoria è notevolmente ridotta, con la maggior parte dei pazienti che possono alzarsi e camminare già il giorno dopo l’intervento.

Esistono delle controindicazioni agli interventi mini-invasivi o percutanei?

Le controindicazioni agli interventi mini-invasivi o percutanei dipendono dal tipo di intervento che si deve effettuare. Nel caso di stabilizzazioni di lunghi tratti di colonna vertebrale, di decompressioni ampie o di correzioni di deformità gravi, queste tecniche non sono indicate, soprattutto se si tratta di colonne vertebrale malformate o eccessivamente ruotate.

Tuttavia, in alcuni casi è possibile associare le metodiche percutanee a quelle “a cielo aperto”, consentendo di effettuare anche interventi complessi con minor esposizione chirurgica e ridotti sanguinamenti.

Quali sono i rischi e le complicanze degli interventi mini-invasivi e percutanei?

Innanzitutto, occorre precisare che gli interventi mini-invasivi e percutanei comportano un costante controllo radiografico intraoperatorio, il che implica un’ esposizione maggiore del paziente e dei chirurghi alle radiazioni ionizzanti. Tuttavia, in mani esperte, tali esposizioni sono molto limitate e non comportano particolari rischi per la salute del paziente. La presenza di macchinari radiologici dedicati e di personale esperto consente di minimizzare ulteriormente tali rischi.

Il posizionamento delle viti peduncolari, come in tutta la chirurgia vertebrale di stabilizzazione, rappresenta il momento di maggiore rischio di complicanze, con la possibilità di uno scorretto posizionamento delle viti stesse e danni a livello delle radici nervose o, in casi particolari, del midollo spinale. Tuttavia, il controllo radiologico intraoperatorio costante e l’esperienza del chirurgo rappresentano un’ ulteriore garanzia di corretto posizionamento e di riduzione dei rischi intraoperatori.

Inoltre, il posizionamento di cage intersomatiche può comportare rischi di stiramento e/o lesioni delle radici nervose, poiché per poter mettere correttamente queste gabbiette bisogna necessariamente farsi spazio nel disco intervertebrale e spostare le strutture nervose che possono trovarsi in mezzo.

La chirurgia vertebrale mini-invasiva o percutanea è indicata anche in presenza di osteoporosi?

L’osteoporosi è una condizione che comporta una minore quantità di osso spongioso all’interno dei corpi vertebrali e, pertanto, può essere una condizione di rischio per la tenuta delle viti peduncolari con possibili scardinamenti. Tuttavia, esistono possibilità tecniche che prevedono l’utilizzo di viti “ad espansione” e/o viti cannulate con iniezione successiva di cemento “per ossa”, stabilizzando le viti all’interno del corpo vertebrale. Queste soluzioni sono da riservare a casi particolari e particolarmente difficili. La chirurgia vertebrale mini-invasiva o percutanea può essere indicata anche in presenza di osteoporosi, ma deve essere valutata caso per caso dal chirurgo.

Stabilizzazione vertebrale – Artrodesi con tecnica open o mini-invasiva

Viene utilizzata una tecnica chirurgica per trattare problemi gravi della colonna lombare, come la spondilolistesi degenerativa, la stenosi canalare, le scoliosi dell’adulto e le discopatie lombari multiple. La procedura comporta il posizionamento di viti in titanio in ogni vertebra coinvolta, sotto stretto controllo radiologico intraoperatorio, e la loro connessione a barre sagomate per stabilizzare la parte della colonna che causa il dolore cronico. In alcuni casi, può essere necessario rimuovere la porzione più posteriore della vertebra (lamina) o i legamenti degenerati ed ispessiti tra vertebre contigue (laminectomia – recessotomia) per liberare le strutture nervose. Grazie alla tecnologia più avanzata e alle metodiche moderne, in alcuni casi selezionati, queste procedure possono essere eseguite in modo mini-invasivo attraverso piccole incisioni cutanee, rispettando al massimo i tessuti molli e muscolari.

Discectomia microchirurgica per ernia discale cervicale

Trattamento specifico per ernie discali cervicali che causano dolore persistente al collo e alle braccia e sono resistenti a trattamenti conservativi o causano compressione selettiva del midollo spinale. Con l’utilizzo del microscopio operatorio ad alto ingrandimento, si esegue una piccola incisione cutanea laterocervicale anteriore destra per rimuovere completamente il disco cervicale e l’ernia discale. Il disco è sostituito con una protesi cervicale o un innesto osseo chiamato “gabbietta” o “cage” per mantenere l’altezza corretta del disco degenerato. La procedura viene eseguita in anestesia generale e consente una mobilizzazione precoce, con dimissione a domicilio entro la seconda giornata post-operatoria e il ritorno alle normali attività lavorative in 20-30 giorni.

 

Trattamento antalgico postoperatorio

La fase post-chirurgica rappresenta un momento cruciale nel processo di guarigione del paziente. Dopo l’intervento, il corpo deve riprendere le proprie funzioni e superare eventuali complicanze. Per questo motivo, è fondamentale che il paziente venga seguito da un team medico specializzato che possa monitorare costantemente il suo stato di salute e intervenire tempestivamente in caso di necessità.

In particolare, l’anestesista svolge un ruolo chiave nella gestione del dolore post-operatorio. Grazie alle più moderne metodiche, come i blocchi selettivi dei rami nervosi, i sondini peridurali o la somministrazione continuata di mini-dosi di analgesici, è possibile ridurre significativamente la sintomatologia dolorosa del paziente e favorire la sua ripresa.

Oltre alla gestione del dolore, l’anestesista utilizza anche farmaci di ultima generazione per prevenire eventuali complicanze e garantire il benessere del paziente. Grazie a un’attenta valutazione delle sue condizioni di salute e alla scelta dei farmaci più appropriati, è possibile minimizzare i rischi e favorire una rapida guarigione.

In definitiva, la presenza dell’anestesista nella fase post-chirurgica rappresenta un elemento di sicurezza fondamentale per il paziente, garantendo un’assistenza medica di alta qualità e un recupero rapido ed efficace.

 

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